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Pogacar è un cannibale: così uccide il Giro?

Pogacar

Tadej Pogacar in azione a cronometro (foto: LaPresse)

Un momento di riflessione sul Giro d’Italia. La prima settimana si sta concludendo tra lo spettacolo della cronometro di Perugia e la salita a Prati di Tivo, ma tutti si chiedono la stessa cosa. La sfida è già finita oppure ci sarà spazio ancora per le sorprese?

Sette tappe in cui Tadej Pogacar ha fatto letteralmente quello che voleva, tanto che in molti gli hanno consigliato anche di lasciare qualcosa agli avversari per non farsi dei nemici inutilmente. Chi vede il ciclismo in una maniera più “vecchia” sa che alcune dinamiche del gruppo possono essere sconosciute ai neofiti. Quando un corridore vince troppo, tutti si alleano per fermarlo.

Giro d’Italia: Pogacar è troppo forte?

Pensiamo per esempio alla cronometro. Filippo Ganna stava dominando la prova contro il tempo e assaporava già il successo. Prima della salita conclusiva aveva un vantaggio di 50 secondi sul rivale sloveno e tutti pensavano che i quattro chilometri rimasti fossero troppo pochi per la rimonta. Pogacar ha spinto sui pedali come fosse l’ultima salita dell’ultima tappa e così è andato a tagliare il traguardo addirittura staccando il piemontese di 17 secondi.

Ci si chiede se fosse stato meglio lasciare per un giorno la vittoria a qualcun altro, risparmiare energie e rendere tutto più naturale. Ma c’è anche chi dice, come lo stesso sloveno, che nel ciclismo tutto può succedere e se c’è la possibilità di incrementare il vantaggio in classifica generale è bene sfruttarla.

La verità sta nel mezzo, ma le occasioni per gli altri risultano essere sempre meno. “Finalmente mi son sentito meglio in bici. Questa era la mia prima crono dai mondiali e sentivo di avere una buona posizione. Mi sono preparato molto per questo, dopo molti alti e bassi a cronometro lo scorso anno, ma mi sono sentito bene e sono molto felice. Sono partito abbastanza tranquillo, per abituarmi alla bici, quindi mi sono gestito fino alla salita e da lì ho dato tutto”.

E ancora. “L’ultima volta che avevo fatto una crono così lunga fu un disastro e ho cominciato quasi ad odiare le cronometro Quindi sono felicissimo di essermi saputo gestire, senza sentire troppa fatica nel corso della tappa e sentire buone sensazioni poi nel finale. Non ero preoccupato, ma sapevo che dovevo trovare il mio ritmo. Ho lavorato molto questo inverno proprio per questo, sopra e fuori la bici. Sono felice di aver trovato il mio ritmo, senza esagerare inizialmente e arrivare in salita con buona velocità, ma ancora abbastanza forze per spingere a tutta”.