
Marco Pantani non ha mai lasciato il Giro d’Italia, è l’unico corridore al mondo insieme a Fausto Coppi a radunare tifosi, striscioni e scritte sull’asfalto come se fosse ancora in gruppo. Non l’ha abbandonato, è presente tuttavia nascosto, come il cielo dietro al sole. Basta guidare per le vie del Giro per incontrare frasi, voci e immagini del Pirata, come per una divinità.
Oggi era la tappa che si correva nel giardinetto di Pantani, quella fetta di Romagna che il Pirata conosceva in ogni curva, in ogni strappo improvviso, in ogni fontanella dove riempire la borraccia. E proprio oggi la corsa rosa ha battezzato una vittoria memorabile, emozionante, pure commovente.
Ho pensato tutta la giornata a come parlare della tappa di oggi, poi è arrivato quel fantastico ragazzo di Manuel Belletti e ha reso tutto più semplice. Oggi si è corsa la frazione nelle terre di Marco Pantani, con arrivo nella sua Cesenatico e il Giro ancora una volta gli ha reso omaggio nel migliore dei modi.
Lo ha fatto con un ragazzo di 24 anni che correva pure lui in casa e che ha sfidato anche un forte dolore ai tendini di entrambe le ginocchia. Manuel è caduto a terra a L’Aquila, ma oggi non ce n’era per nessuno. In sala stampa l’adrenalina lo scuoteva come se fosse percosso da un vento sconosciuto, faticava a parlare, persino a respirare.
Qualche giornalista lo squadrava con sufficienza, altri sfottevano a mezza voce questo suo entusiasmo da ragazzino e le sue lacrime. Invece era l’immagine più autentica del ciclismo, oggi lui era il ciclismo, nella sua città, a onorare il campione che l’ha portato sulla bicicletta da bambino.
Si cerca sempre di analizzare lo charme di Marco Pantani, di distillare la formula della passione che ha risvegliato negli italiani, ma è tutto inutile: è come un bel viso che – osservato nei suoi dettagli – mostra un brutto naso, una bocca insignificante e lineamenti sgraziati.
Pantani ha smosso l’Italia, non gli si poteva rimanere indifferente ma razionalizzando lo si può definire un esempio negativo, una persona che ha sprecato un talento e che si è praticamente autodistrutta. Ma per i tifosi quelli veri è rimasto dentro come un’ustione che non potrà mai guarire, nonostante tutti gli episodi che in effetti lo screditano.
Perché si continua a amarlo, perché si urla il suo nome per strada, lo si scrive a terra sulle salite, si incontrano le sue effigi anzi le sue icone da Sud a Nord? Forse perché la passione sportiva è un sentimento simile all’amore incondizionato, che è irrazionale e irragionevole.
Oggi Belletti ha detto che ha iniziato a correre grazie al Pirata e alle sue imprese vissute alla TV.
Sono coetaneo di Manuel e oggi mi sono rivisto nel suo entusiasmo: anche io se in questo momento sono a scrivere in una stanza d’hotel a Ferrara al seguito del mio quarto Giro d’Italia è solamente grazie a Marco Pantani.
509