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Il castello di carte allestito da Lance Armstrong è diventato il più alto e dunque anche il più esposto ai venti: era chiaro da anni che era stato costruito non rispettando le regole e ora sta inesorabilmente crollando, fila dopo fila, sempre più veloce. Il texano ha deciso di non difendersi dalle ennesime accuse di doping di squadra sistematico durante tutta la seconda carriera dopo il cancro, affermando di essere stanco della situazione e – di fatto – ribadendo la propria innocenza. In realtà è una fuga davanti alla verità ormai sempre più spiattellata. Gli ex “postini”, compagni di squadra di Lance alla US Postal appunto, hanno ormai parlato. E la direzione è davvero a senso unico.
La Usada sta preparando l’attacco finale, Lance Armstrong ha deposto ogni difesa e ormai è chiuso in un angolo aspettando il fendente fatale, è consapevole di aver esaurito le scuse e gli inganni per continuare a coprire una delle più grandi e soprattutto organizzate truffe sportive di tutti i tempi. Sette Tour de France consecutivi dopo un tumore vinti ricorrendo all’uso di sostanze dopanti all’avanguardia, così sperimentali da non essere nemmeno rintracciabili dai controlli dell’epoca, ma che ora emergono dal passato. E quando la positività era stata riscontrata, come al Giro di Svizzera 2001, Armstrong aveva messo mano al portafoglio per pagare la “negatività”.
Armstrong è ormai alle corde, tutti gli ex-compagni hanno parlato, la Wada ha confermato “Nel plico di documenti (centinaia di pagine, eccole) ci sono prove conclusive e innegabili che mettono in luce questa cospirazione, un doping di squadra sistematico e professionalizzato”. Insomma, ciò che tutti nel settore pensavamo da subito, ma che sembrava un affronto affermare. Sei ex-postini sono stati sospesi: Levi Leipheimer (Omega Pharma-QuickStep), Christian Vande Velde (Garmin-Sharp), David Zabriskie (Garmin-Sharp), Tom Danielson (Garmin-Sharp), Michael Barry (Sky) e George Hincapie (Bmc) questi ultimi due si sono già ritirati, i primi potrebbero tornare in primavera grazie a un eventuale sconto di pena.
Prove a sostegno anche dagli squalificati a vita Frankie Andreu, Tyler Hamilton, Floyd Landis, Stephen Swart e Jonathan Vaughters e dagli inibiti a vita medici Michele Ferrari e lo spagnolo Garcia del Moral, mentre il direttore sportivo Johan Bruyneel insieme a Pedro Celaya e “Pepe” Marti proveranno la via legale. Ma non c’è più scampo, ormai gli atti sono stati raccolti.
Emblematica la confessione di Hincapie: “Ho compreso che se non mi fossi dopato mi sarebbe stato impossibile competere, sono profondamente pentito e chiedo scusa a amici, famigliari e tifosi“. Chissà se il film su Armstrong si farà ancora?
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