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Giovanni Visconti ha davvero fatto emozionare tutti oggi al Giro d’Italia, con la sua fragilità emotiva e il suo pianto implacabile iniziato dai -3km dal traguardo e terminato, chissà quando, dopo essersi congedato per il riposo. Il siciliano nato a Torino ha completato un’impresa straordinaria, partendo insieme ad altri coraggiosi sulle rampe del Moncenisio neutralizzato ufficiosamente e poi fuggendo da solo ai -20km. L’ultimo chilometro è parso infinito, con il gruppo della maglia rosa che si avvicinava di secondo in secondo e con Visconti che diventava sempre più stanco e debole. Due frasi danno senso all’impresa, una sui propri figli e una su Marco Pantani.
“Vengo da un anno e mezzo molto difficile, sto inseguendo una giornata così dall’ultima vittoria, io sono questo non sono quello che si è visto da allora“, Giovanni parla di un male brutto perché impalpabile e invisibile, che ti svuota e che ti toglie ogni energia: “Ci sono cose che succedono che sembrano nulla, ma che a volte sono peggio di una frattura a una gamba o a un braccio. A volte preferivo di esser caduto per stare un anno fermo, io invece potevo pedalare ma non volevo“. D’un tratto si è esposto senza più barriere e scudi, senza quel comportamento spesso un po’ prepotente e arrogante che – ora è chiaro più che mai – serviva più che altro a attaccare per non essere attaccato, sintomo di un’insicurezza e di una fragilità molto delicate.
“Oggi mi è esploso tutto dentro. la mia squadra mi conosce e i miei compagni mi supportavano sempre, il DS mi ha detto ‘Chi è buono è buono sempre’, oggi continuavo a ripetermelo negli ultimi km. Chi semina raccogliere mi diceva sempre mia mamma, io ho seminato tanto e finalmente ho raccolto. Spero che questa sia la mia ripartenza, inseguivo da tanto la tappa al giro“. Ce lo auguriamo, ovviamente, che ogni lacrima sia un po’ di quel male di vivere che se ne va da dove è venuto.
Oggi era la tappa per Pantani, si arrivava alla stele dedicata al Pirata: “Sono nato lo stesso giorno di Marco forse oggi mi ha dato una mano sono contento.
Oggi arriviamo sul Galibier dove c’è Marco – bellissima definizione, non oggi si ricorda, ma oggi “c’è” – siamo nati lo stesso giorno non potevo farmi un regalo più bello“. Ma più ancora che l’eroe dannato per eccellenza, il pensiero va alla famiglia: “Se ho vinto è grazie ai miei bambini, sono la mia vita, sono il mio ossigeno – una descrizione così essenziale e diretta che è perfetta – Chi mi conosce sa cosa c’è: un anno e mezzo di sacrificio, nel 2012 proprio alla 15esima tappa sono andato a casa con un problema che mi sono portato per lungo tempo, oggi mi sono scaricato di tutta la rabbia, ho pensato a famiglia e bambini, alla fatica che si fa in bici“. Grazie Giovanni per le emozioni di oggi.
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