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La solidarietà esiste ancora? Sì, ma vive in zone protette: una di queste è il Giro d’Italia. La si trova all’ombra della competizione e sullo sfondo. Ogni categoria di professionista che segue la corsa rosa non si fa problemi ad aiutare il prossimo: in questo non-luogo itinerante si vivono esperienze impossibili da ritrovare nel mondo reale. Prendiamo ad esempio l’autostop: è una pratica più che comune qui, c’è quello arrembante vecchio stile sulla strada, chiesto da gente del Giro oppure dagli spettatori; e poi c’è quello da sala stampa che si concorda al volo, magari con un collega appena conosciuto o con un amico di un amico del cugino del giardiniere della nonna del vicino di posto.
Bastano due parole e in qualche modo si raggiungerà l’hotel, sia anche con due valigie in braccio, il computer tra le gambe, un panino tra i denti e il corpo inspiegabilmente incastonato sul retro di una vecchia Saab. La solidarietà emerge nei momenti di trasferimento, ma anche e soprattutto sul lavoro.
I giornalisti si scambiano gli appunti delle interviste, uniscono le forze per andare a ritrovare chi avesse vinto in quell’anno quando pioveva sempre o quale diavolo fosse stata la fuga più lunga di un corridore abruzzese. Le domande grandinano, c’è uno scambio sincero di conoscenze, di articoli di cancelleria, di dritte per i pronostici, di gomme da masticare e di fogli con distacchi e punti del GPM.
Anche i fotografi non scherzano: c’è un traffico di compravendita di scatti consistente, ma al tempo stesso vigono ancora rapporti di signorilità e di educazione, di non-belligeranza e sensibilità, le memory card passano da un tavolo all’altro che nemmeno la posta pneumatica e non si tiene mai un consiglio dietro ai denti, soprattutto con i più giovani.
E’ vero: non è sempre rose e fiori e ci sono ogni tanto discussioni, persistono antipatie e non mancano risse (verbali). In generale, però, si ha l’impressione che ognuno si comporti nel modo in cui vorrebbe essere a sua volta trattato e considerato. Sarebbe bello se quest’educazione e questa solidarietà potessero in qualche modo fuoriuscire dall’universo itinerante rosa-maggio per colonizzare tutti gli altri spaziotempi.
Almeno un po’.
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