
E’ terminato il giorno più lungo di questo Giro d’Italia, finora. Sveglia poco dopo le sei così da prendere l’autobus a Vintl per raggiungere Brunico, poi cambio a Longega e il terzo e ultimo per raggiungere San Viglio di Marebbe. Da lì un paio di km fino all’hotel Emma dove mi aspettavano i miei compagni di avventura alle 9.
Sei km fino al Passo Furcia poi ovovia e voilà finalmente si poteva calpestare il suolo sacro del Plan de Corones, con la sua gigantesca campana della pace in un equlibrio dinamico in mezzo a 100.000 persone, ettolitri di birra, migliaia di salsicce, stinchi, milioni di patatine fritte e tantissima passione.
Tre autobus, due treni, un ovovia e un paio di km in salita con il megatrolley: oggi i corridori hanno dato spettacolo sul Plan de Corones, però pure io nel mio piccolo ho completato la mia mini Odissea resa necessaria dall’abbandono della Focus (nuovo bollettino medico: è guarita). Ancora un grazie a Marco e Carlo dell’ANSA per l’ospitalità in auto.
Tra l’arrivo sul panettone a 2700 metri sul livello del mare e il suono della megacampana (una delle più grandi d’Europa) c’è stato spazio per una cronoscalata emozionante, con la vittoria del re del Giro di 10 anni fa che ha battuto rivali più o meno giovani esplodendo tutta la sua incontenibile gioia sul palco. Tra i dietro le quinte anche un piccolo giallo con il furto dell’obiettivazzo della fotocamera del buon Carlo dell’ANSA, mistero risolto al tramonto con il ritrovamento del disperso, dinamica tutta da chiarire.
Temperatura piacevole la mattina, quasi calda verso la salita, poi fresca, fredda contraria, tiepida, nuovamente fresca e su a salire più ci si avvicinava a Bolzano, dove ora mi trovo dopo aver preso due treni completamente deserti – a parte i controllori – da Brunico.
La giornata più lunga è finita, domani i boschi trentini accoglieranno un maggio un po’ timido con felci e terreno da funghi, gli studenti dell’autobus delle 7 continueranno ad ascoltare musica con la palpebra a mezz’asta in completo silenzio, i tori fisseranno i passanti con odio e Venere se ne starà sopra gli occhi di tutti in attesa che qualcuno si degni di individuarlo.
Il Giro scivolerà verso terre di Terme, prima Peio poi Levico, ma sarà già consapevole di essere agli ultimi respiri e così tratterrà il fiato e punterà i piedi per allungare l’attesa fino all’ultima curva, fino alla rampa che porterà la maglia rosa dentro l’Arena di Verona.
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