http://www.suipedali.it/articolo/il-giro-d-italia-sta-per-finire-nostalgia-e-nuvole/1215/
L’ultima sala stampa del Giro d’Italia 2009 è in un parcheggio di un centro sportivo romano, la prima era in un hangar dell’aeroporto del Lido di Venezia. Ci sono facce stravolte, qualcuno ride, ma c’è già nostalgia della corsa che sta per terminare, la puoi quasi vedere galleggiare sulle teste come i nuvoloni che veleggiano sulla Capitale.
Quando Denis Menchov partirà sarà la lancetta verso il count down finale, ogni sua pedalata sarà tempo sottratto al Giro del Centenario morente, come veleno che scorre nel tubicino fino nella vena del condannato. Un veleno rosa velocissimo, che saprà tagliare le curve tra i monumenti e sentirà solo l’eco dei migliaia di tifosi e curiosi a bordo strada. Qualcuno insulterà. La prima persona con cui ho parlato all’arrivo in quartiertappa in ogni frazione era un Carabiniere in pensione giunto ormai all’ottavo anno di Giro.
Si occupava di smistare i giornalisti in arrivo nei vari parcheggi. Oggi gli ho chiesto come si sentiva visto che tutto stava finendo, mi ha risposto “Sai, quando sta per iniziare non vedi l’ora, poi inizia e sei carico, arrivi a metà che ti rompi le balle, verso la fine sei contento di tornare a casa, poi l’ultimo giorno ti dispiace tantissimo. E quando sei a casa pensi ‘cavoli quanto era bello però’”, non posso che essere d’accordo.
Per TV sta andando in onda il riassunto delle tappe e un po’ di magone viene in gola: ripensi alle persone conosciute e a quelle solo viste di sfuggita. Il Giro dà l’illusione di avere il paese in pugno, tre settimane a sfrecciare per le città e per le strade statali come un grande circuito: ecco, al Giro tutto è al contrario, devi correre in macchina, andare fortissimo perché il tempo è poco e i km tanti e così se vai troppo lento la polizia e i carabinieri ti invitano a accelerare e a spingere.
Le città le vedi dal finestrino, al massimo da oltre le transenne, non hai tempo di viverle, ma solo di annusarle. Da casa tutti si immaginano che il Giro sia una lunga vacanza, in realtà è più che altro una immensa vetrina: non impari a conoscere le città, le violenti passando da un monumento all’altro senza aver il tempo di rendertene conto. Ma in quel breve lasso di tempo ti è tutto sparato direttamente nel cervello: sensazioni pure a volte troppo intense da assaporare e digerire.
Il Giro è vertigine, arrivi in una città e già devi pensare a quella dopo, sei così sempre a mille che nei giorni di riposo tutti i progetti di esplorazione cadono nel vuoto e vaghi in stato di trance. Al Giro incontri piccole città con grandi abitanti e spesso anche viceversa.
Tutti ti parlano insieme. Ti basta avere quel tesserino al collo e la gente ti parla come se ti conoscesse da sempre, se poi sei da solo come nel mio caso è ancora più facile.
Ho ascoltato vite raccontate davanti a un caffè, ho assistito alla telefonata di un padre che sapeva del divorzio della figlia, ho conosciuto la pericolosità potenziale di un Vulcano; il Giro è una brutta malattia perché diventi famelico di km e di storie, ti prudono le mani sulla tastiera, hai il dito sempre a premere su un otturatore immaginario.
Ti metti la schiuma sul viso e non appena passi col rasoio vedi la barba nuova che vuole uscire allo scoperto, vai alla ricerca dell’estathe al limone con gli occhi da folle, noti la fioritura delle acacie dai traghetti e quella dei glicini inversamente proporzionale all’altitudine, osservi le pance degli spettatori che sballottano in modo ipnotizzante sulle salite e ridi degli insulti variegati ai giornalisti in tv che tappezzano i tornanti. Incontri la tua ragazza, ma non c’è tempo e devi subito lasciarla così cerchi di memorizzare la sua immagine che ti saluta dal cancello.
Gli striscioni su Pantani sono ovunque, le strade asfaltate seguono il percorso lasciando le voragini a ogni incrocio non toccato, i bambini salutano e tu rispondi col clacson, senti gli accenti cambiare da un’ora all’altra, il navigatore GPS va spesso in tilt totale e ti manda in sensi unici in contromano. Poi arriva la fine di Maggio, entri per le vie della Capitale e le nuvole chiudono il panorama per farti rimanere concentrato. Il Giro sta per finire, ha lasciato indietro un suo amico fidato e ha protetto con un cuscino di piante un Icaro improvvisato.
Ora tutto è in mano a Menchov, non solo la classifica finale.
807