
Si considera spesso il Giro d’Italia come una sorta di riassunto ultraveloce della Penisola e in fondo é vero. In tre settimane si esplorano le regioni come turisti giapponesi impazziti: se dall’anno prossimo si evitera’ la partenza estrema dall’estero e ci si recherà piú a sud allora il viaggio-bignami dell’Italia sarà completo. Tuttavia, grazie alla varietà di regioni e località toccate, di latitudini e altitudini, si vive anche un riassunto delle stagioni dell’anno. I corridori e noi tutti della truppa partiamo con abbigliamento pescato con attenzione sia per il gran caldo delle coste sia per gli zero gradi delle montagne. I ciclisti coprono pelle e ossa appuntite con manicotti e gambaletti, copricollo in lana e vengono avvolti tutti tremanti e tossenti n coperte da profughi come ieri a Cervinia (2 gradi). Oppure aprono la zip e si riversano borracce e borracce di acqua come sulle salite appenniniche.
Noi gli si va dietro. Cosi si passa dal mare e dai primi bagnanti agli sciatori e alle nevi, estate e inverno sono separati da due giorni di cammino, meno di 400km con uno scarto di due regioni. Viaggiamo nel tempo: i denti di leone in pianura sono già diventati soffioni e si sono sparsi nel vento. Sui prati alpini sono ancora macchie gialle che trasformano le montagne in una grande porzione di risotto allo zafferano. Entriamo e usciamo da questa primavera verticale gettandoci in discesa come Savoldelli dei tempi d’oro e come il suo maestro Cipollini, che dallo stesso Falco era stato definito il discesista più forte, peccato fosse sempre nella rete dei velocisti, impegnato contro il countdown verso il limite di tempo masdimo e che nessuna TV l’avesse così mai ripreso.
Dell’Autunno non possiamo certo apprezzare le foglie morte e cadute e giammai lo potremmo associare agli ultimi già nostalgici giorni di corsa e di viaggio. Piuttosto, si manifesta frequentemente in quelle giornate un po’ così, con quella temperatura gradevole che però non sembra preludere alla bella stagione imminente (oh, siamo a maggio) quanto al rigido generale inverno che ci attende con il cappotto pronto da indossare.
E’ una sensazione che aumenta in determinate città lombarde un po’ tristi già di loro oppure quando si dorme al mare ma l’aria é fredda e sulla passeggiata incontri solo turisti tedeschi in calze e ciabatte, nemneno rossofucsia sulle spalle.
Però è solitamente estate quando arriva l’ultima tappa e i corridori tagliano il traguardo di Milano (o di Roma o di Verona, negli ultimi anni). Un distacco soft da un’esperienza totale e globale, per ritornare alle stagioni piuttosto tradizionali, alle fioriture secondo la regola, ai capi d’abbigliamento consoni al periodo dell’anno che si sta vivendo. Gli orologi, che scorrono a lancette indipendenti, e i termometri del Giro, il cui mercurio danza allegramente, ritorneranno nel cassetto, ibernati in attesa del prossimo maggio a quattro stagioni.
524