
Si associa spesso il crepuscolo a un qualcosa di negativo, in realtà la fine di un qualcosa è pure l’inizio di un’altra e, in generale, il crepuscolo stesso si può incontrare sia alla sera sia al mattino. Nel caso del Giro d’Italia, tutta la truppa dai ciclisti alla stampa, dalla carovana pubblicitaria all’organizzazione fino agli allestitori, scopriamo le città e i paesi proprio al loro crepuscolo. Contando che l’arrivo della frazione è intorno alle 17-17.30 circa e aggiungendo le ore necessarie chi per scrivere, chi per emettere comunicati, chi per sbaraccare e smontare e chi ovviamente per scendere dalla bici e salire sull’autobus, si sopraggiunge sul luogo di pernottamento quando la luce è ormai quella che arriva dalla nostra stella ormai già nascosta sotto l’orizzonte. E’ l’ora blu, quella più profumata, se ci si trova in un giardino con fiori, di quel colore intenso che diventa quasi finto quando si è al mare e netto come una lama sulle montagne. Oggi il popolo del Giro è accampato intorno al porto di Civitavecchia o, come nel mio caso, a Santa Marinella.
Per la verità sono arrivato in treno e non in auto questa volta, vista la piacevolissima deviazione extra-ciclistica di oggi (e di ieri, come ogni Giro). Sul treno da Roma Termini mi sono mescolato ai pendolari di ritorno alle città sulla litoranea e sembrava di essere in India tanto l’affollamento. Inutile chiedere di aggiungere vagoni “E d’Estate con i turisti che vanno a Civitavecchia per i traghetti è ancora peggio“, mi ha spiegato la ragazza appiccicata al mio fianco, sul sedile che è diventato da una piazza e mezza. Da sardine siamo diventati poi tonni ben distanti da imbarcazioni giapponesi, quando quasi tutti sono scesi. E così, fatti 300 metri si è rincontrato il mare, che non si chiama più Adriatico come a Fano oppure a Sant’Elpidio a Mare ma si chiama Tirreno.
Dalla pittoresca scenografia di Santa Marinella a quella un po’ austera e pragmatica di Civitavecchia ci separa un tiro di scoppio, un giro di strada e soprattutto un crepuscolo. In questo momento le sfumature si rincorrono di secondo in secondo, spunterà presto Venere e anche questo giorno di Giro sarà messo in cascina. E’ bello osservare le migliaia di persone che seguono il Giro per lavoro mentre vagano come zombie nel crepuscolo. Ne incontri diversi ancora con il pass al collo, tanto che pensi che probabilmente ci andranno anche a dormire. Ci sono sguardi allucinanti verso gli ombrelloni rossi chiusi sotto la bandiera italiana pigramente svolazzante.
Ci sono altri che invece schiamazzano e preparano una nuova festa per intrattenere il pubblico.
Nemmeno il tempo di ripassare reminiscenze studentesche sui tre tipi di crepuscolo, civile, marittimo e… giusto sì, si chiama così, che l’unica luce rimasta è quella artificiale. Negli alberghi delle squadre ci sono brindisi in corso, il corridore vincente dimenticherà la fatica per un giorno, facendo casino con i compagni. In altri hotel ci saranno musi lunghi e in altri ancora si dovranno cambiare bende e cerotti. Abbiamo sfiorato il sud con un colpo di reni e ce ne torniamo improvvisamente al nord, con nasi arrossati, abbronzature da ciclista e con diverse specialità nello stomaco. E mentre ci si riversa a rifocillarsi, a studiare strategie e percorsi e pianificare attacchi a sorpresa, è difficile individuare la linea di separazione precisa al confine del crepuscolo, un fotofinish che non è poi così importante decifrare.
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