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Ci sono tanti Giri d’Italia. Il primo è quello che tutti noi guardiamo in televisione ossia quello che viene proposto agli spettatori e che è osservato pure nelle televisioni in sala stampa dai giornalisti, negli schermi sul cruscotto delle ammiraglie dai direttori sportivi oppure in streaming sul web. E’ il primo, ma non è l’unico visto che esisotno infiniti Giri, con la stessa base ma con molteplici varianti e variazioni sul tema. E’ tutto un discorso di percezione. Prendete ad esempio i piloti dell’auto con cartello “Inizio Corsa Ciclistica”: si godono il villaggio partenza, poi il loro Giro è il fascino dell’attesa, è quello compreso tra i 20 e i 60 km/h anticipando di qualche minuto i corridori, quando appare all’orizzonte compaiono anche i sorrisi sul volto delle persone in piedi da ore ad aspettare il gruppo. Il loro Giro è la linea di mezzeria della strada, gli applausi e gli schiamazzi del popolo riversato sull’asfalto, la gioia del sabato che precede la grande domenica di festa.
Chi è sul carro scopa che chiude il Giro, con il cartello “Fine Gara Ciclistica” è l’esatto controaltare: è come l’eclisse totale di sole appena conclusa che non viene osservata più da nessuno visto che lo spettacolo è finito. E’ l’ultimo soffio di vento colorato prima del traffico che ritornerà a sbloccarsi e a congestionare le strade. Il Giro d’Italia del simpaticissimo ex-carabiniere che presidia il parcheggio stampa è sole forte in testa e pioggia insistente, poca ombra e ripari, una pausa veloce per gettarsi sul buffet e sempre una parola gentile con tutte le auto che arrivano “Buongiorno a voi, provate a mettervi là dietro l’auto rossa”.
Il Giro d’Italia dei furgoncini dei gadget è una corsa assatanata per appiopparsi quanti più spettatori possibili, con la musichetta degli altoparlanti che ripete ossessivamente sempre la solita solfa fino a trapanarti il cervello e a farti perdere il lume della ragione obbligandoti a spendere “10 euro, solo 10 euro, sì avete capito bene 10 euro per il gadget del Giro, solo 10 euro”. Il Giro d’Italia dei ragazzi dell’allestimento è montaggio e smontaggio di transenne, archi gonfiabili, striscioni e palchi a folle velocità, con i pensionati che controllano che tu stia facendo tutto per bene, senza dimenticare niente. Il Giro d’Italia delle miss e delle hostess è diverso da quanto si possa immaginare: feste alla sera, quello sì, ma levataccia prestissimo la mattina, sempre in tiro e sorridenti, rigando piuttosto dritto. Quello degli autisti dei giornalisti è placido: tanti km soprattutto il pomeriggio tardo, dopo la tappa e poi tempo blando, riposini e chiacchere coi colleghi.
Il Giro d’Italia del gregario è un vassoio di spaghetti appiccicosi a colazione, vento in faccia, gambe che bruciano e gioia attraverso la realizzazione altrui, ma è soprattutto tanto asfalto che scorre sotto le ruote contando quanto manca prima di chiedere il cambio. Il Giro d’Italia dei velocisti è adrenalina e follia, una fame carnivora in volata sbranando i rivali, poi calcolo dei tempi massimi e pedalata vulnerabile e al risparmio sulle salite. Il Giro d’Italia dei cronoman è lunghe tirate in pianura in linea e disciplina e ritmi di canzoni da tenere come base contro il tempo.
E poi c’è il Giro d’Italia degli scalatori, la danza sui pedali aprendo un banco di spettatori come un’unico organismo, la convinzione di poter accelerare ancora fino a quel tornante e poi ancora solo al prossimo, all’ultimo e quell’altro che spunta da lontano. E’ la certezza che è sempre irresistibile ciò che troveremo al prossimo scollinamento. C’è il Giro d’Italia che vediamo alla TV e gli infiniti altri Giri, che non sono sottoinsiemi, ma veri e propri mondi paralleli dove cambiano regole e tempi, scenografie e personaggi, vincitori e sentimenti.
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