
Sono tornato a casa dopo 6818.3 km e 23 giorni, la Focus ha spento il motore pregustando un po’ di tregua e qualche lucciola pulsava nel prato. Tra le nuvole a nord-ovest Marte si travestiva da Venere, oggi ho finalmente incontrato la prima rondine di questo Giro.
Il 93esimo Giro d’Italia è andato nel cassetto, ha salutato i suoi tanti figli a Verona, nella sontuosa Arena e tra i computer del Quartiertappa si respirava un po’ di malinconia ma anche la soddisfazione di aver vissuto un’avventura emozionante che ha trovato un suo compimento. In quest’ultima pagina del Diario del Giro 2010 – sarà per la stanchezza – ma i miei pensieri si organizzano in elenchi.
La sensazione di un Giro che tramonta è simile a quella – credo – di innamorarsi di una compagna di classe a cinque giorni dalla fine della scuola, prima delle vacanze estive dopo le quali si cambierà classe, istituto… città. Insomma nasce la consapevolezza proprio sul baratro. Non saprei descrivervi meglio un mix di sentimenti di felicità e al contempo di pulsazioni un po’ zoppe.
Nei miei ricordi la fine del Giro prende vita quando ci si congeda dai colleghi con una stretta di mano, non con tutti perché è inutile nascondere che anche qui esistono affinità e antipatie pure forti. Qualcuna a pelle qualcun’altra più motivata. Si apre il libretto dei pronostici e non si incontrano più foglietti, si ripone il Garibaldi nello zaino perché ormai si conosce la via del ritorno, si arrotola l’accredito e lo si ripone in tasca.
In quel momento preciso non si è più nel Giro d’Italia, anche se qualcuno ancora scrive, anche se i corridori di sfilano vicino con fiori, parenti e compagne, figli, sorrisi o grugni. Si esce dal Quartiertappa come un bambino che ritorna sulla spiaggia percependo col piede la spuma dell’ultima onda della sua estate.
E tuttavia non c’è solo tristezza in questo, perché la passione ha nel frattempo riscaldato l’animo e il pensiero del ritorno è più forte di quello della separazione. Ricomincia l’attesa, che sarà piacevolmente mitigata da altre gare e competizioni.
E dalla vita. Ora staccheremo il dito dal pulsante di avvolgimento rapido per ritornare al play normale, abbiamo vissuto troppi chilometri e troppe storie, assistito a gioie sfrenate e delusioni che accartocciano il petto, siamo sfrecciati con Focus e compagne attraverso quotidianità e anche se a qualcuno il Giro d’Italia potrà sembrare solo una corsa ciclistica io non smetterò mai di assaporarlo fino all’ultima goccia, all’ultimo centimetro, all’ultimo fischio di rondine, all’ultimo palloncino.
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