
La notizia era nell’aria, di più, era scontata: Alexandre Vinokourov, dopo la squalifica per l’emotrasfusione pizzicata allo scorso Tour de France decide di ritirarsi, a 34 anni, dal ciclismo professionistico. Non smentisce il suo intento di dimostrare la propria innocenza, ma sono davvero pochi a credergli
“E’ una decisione definitiva, questo sport non mi piace più. Chiudo la porta e me ne vado. E’ triste chiudere così, ma voglio provare che non sono colpevole e smentire i risultati di tutti questi test“.
No caro Vino, è triste ciò che hai fatto tu e non vedo come potrai dimostrare di non essere colpevole, è come negare l’evidenza! Hai barato, ti hanno preso, questo è tutto. Anzi non è tutto, hai tradito tanti tifosi non solo del tuo paese, che amavano la tua resistenza e la tua combattività, il tuo non arrenderti mai che non aveva certo bisogno di aiuti esterni…
In conferenza apre uno spunto interessante, l’unico da salvare “… E degli altri perché non si parla mai? Noi siamo 150 persone in tutto. Dov’è il tennis, dov’è il calcio?”, vero, ma d’altra parte siamo abituati a vedere il nostro sport continuamente sotto i riflettori per vicende di doping, è prassi trattare ciclisti professionisti come dei delinquenti (anche se colpevoli, per carità). Il doping è radicato in ogni sport, è inutile negarlo, ma sarebbe utile che non si marcasse sempre e solo il dito sul ciclismo
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Fonte | Eurosport